Mara
Ho incontrato per la prima volta la comunità bahá’í qualche anno fa in un parco nella mia città, Vimercate, dove organizzavano una classe per bambini alla quale hanno partecipato anche i miei due figli. Inizialmente ero prevenuta, perché l’attività era ispirata da un messaggio religioso. Nonostante fossi prevenuta, non ho voluto troncare completamente perché ai bambini piaceva partecipare alla classe, quindi ho permesso loro di giocare, di fare recitazione e le altre attività. A causa del Covid, però, non siamo più andati al parco e ci siamo persi di vista.
A novembre 2021 sentivo il bisogno di far fare ai miei figli delle attività più strutturate e mi sono ricordata di quella esperienza che avevano fatto al parco. Un giorno ho incontrato uno dei ragazzi della comunità bahá’í e l’ho riconosciuto.
In quel momento avevo proprio bisogno di un'attività per i miei bambini che li facesse imparare cose nuove e allontanarli dalla classica televisione casalinga. Non conoscevo il messaggio che ci fosse dietro le attività, però mi ricordo che ero entusiasta che la comunità bahá’í si fosse imbattuta sulla mia strada, li stavo proprio cercando in quel momento.
Così è iniziato il nostro percorso: abbiamo fatto le classi per bambini del primo anno, alle quale ho partecipato anche io perché uno dei miei figli aveva bisogno che gli stessi accanto. Man mano mi sono avvicinata a questo messaggio e mi sono fatta coinvolgere sempre di più. La prima cosa che mi è piaciuta è stato l’entusiasmo delle ragazze che servono come insegnanti perché è coinvolgente e, da quando le frequento, sono anche io ringiovanita grazie al clima gioioso che si respira.
Ho notato anche un avanzamento da parte dei bambini, perché, ad esempio, in casa mia non ho mai insegnato la preghiera, non parlavo mai di Dio, ma da quando frequento il Centro comunitario ho iniziato a parlare di preghiera e di Dio. Mio figlio mi ha stupito perché, per esempio, una volta ha voluto recitare una preghiera creata da lui o altre volte mi dice “sono orgoglioso di te”. Non che prima non fosse un bambino affettuoso o sensibile, però il suo modo di parlare è cambiato, il suo cuore si è un po' più scaldato e anche io porto un messaggio diverso in casa. Io ho sempre creduto ad un Essere superiore, ma non ne ho mai parlato, ma da quando frequento la comunità bahá’í ne parlo sia qui che a casa.
La mia storia familiare è molto complessa, non sono cresciuta con mia madre e mio padre e non ho avuto solo una infarinatura religiosa; sono cresciuta in varie famiglie ed ognuna aveva la sua esperienza. Mio padre, quando eravamo bambini, mi diceva: “Chissà chi siamo e dove andremo”. Poi ho vissuto anche con una mia zia che è profondamente cattolica: lei, pur non conoscendo bene quale fosse il messaggio portato dalla sua Fede, credeva ciecamente. Questa modalità non la condivido, ovvero credere ciecamente senza avere degli strumenti per comprendere ed approfondire. Io non vado in chiesa, ma credo in un Essere superiore. Ho avuto un po’ di difficoltà con le cose che l’umanità ha fatto in nome della religione, come le crociate e la caccia alle streghe. Credo, però, nel messaggio che Dio ci manda tramite le Manifestazioni come Gesù, perché ogni volta ha portato dei cambiamenti rivoluzionari in quel periodo storico.
Da quando abbiamo iniziato a fare questo percorso come famiglia, mi sento di far parte di una comunità, che è sempre stato un mio desiderio fin da ragazza; ho sempre avuto gli amici, ma sentivo di essere poco simpatica, quella che non riusciva a fare gruppo, quella che non veniva coinvolta. Invece qui ho trovato degli amici sinceri, ma più che altro una comunità. Con questo ne è derivato tutto quello che fa parte di vivere una comunità: ci sono tante persone, ci sono anche tante attività che vengono svolte. Una volta sono le classi, una volta è la cena, una volta un progetto, una volta partecipo al convegno: mi ha arricchito la vita!
Ad un certo punto, da partecipante, ho deciso di mettermi alla prova ed ho iniziato ad aiutare nella classe dei bambini. Sono stata incoraggiata a farlo e non sono stata capace di dire di no. Sono tornata a casa e mi sono detta: “Ma come faccio fare la classe? In che film l’ha visto?” Poi mi sono ricordata che l’anno prima una delle insegnanti mi aveva fatto notare che avevo molta pazienza e che sarei stata un’ottima insegnante. Aveva fatto risaltare i miei lati positivi, ha fatto emergere le mie gemme.
Inizialmente non ho potuto dire di no, poi man mano mi sono resa conto che questa cosa mi piace e mi è tornato in mente che da bambina desideravo fare la maestra. In questo momento sono un insegnante della classe dei bambini, un’insegnante diversa da quella che ci sono nelle scuole; trasmettiamo un messaggio più importante rispetto a quello della matematica della geografia: è un messaggio che arriva al cuore.
È stata una presa di coscienza che ho maturato man mano che continuavo; ho imparato anche a conoscere i miei figli fuori dall’ambito familiare. Mi regalano dei doni molto speciali, come quando sento mio figlio parlare dell’onestà e della giustizia, ovvero argomenti di cui prima in casa non parlavamo. Questo percorso ci sta aiutando ad avere gli strumenti per tirare fuori le nostre gemme interiori. I bambini stanno scoprendo i loro talenti, rafforzando l’autostima; molti dei mali di questo mondo sono legati alla mente, come ad esempio la depressione, è un modo per aiutare i ragazzi a controbattere questi i mali del nostro secolo.
Ho sempre desiderato aiutare gli altri e creare comunità sempre più grandi ti permette di servire di più: più è grande la comunità, più c’è la possibilità di aiutare gli altri e fare in modo che le emozioni positive si diffondono, come la serenità, l’amicizia, la pace, l’amore.
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