Daniele
Tutto è iniziato nel 2016 ma è stato, forse, un caso fortuito. Ho conosciuto un amico bahá’í, che ringrazio ancora, che nella vita fa il musicista, ed era leader di una band. Casualmente cercavo su internet le sue canzoni, composte al di fuori della sua band e frutto di un progetto singolo. È stato allora che mi sono imbattuto in una sua breve intervista in rete, con alcune domande fatte dall’interlocutore sulla fede bahá’í. Mi sono incuriosito e, siccome avevo la sua amicizia su un social network, l’ho contattato e gli ho chiesto spiegazioni. Mi ha risposto e mi ha invitato per un caffè e, per fortuna, i caffè sono diventati più di uno (non nello stesso giorno!). Così ho cominciato a documentarmi sulla fede bahá’í, sul suo fondatore, sui suoi principi. Ho letto diversi libri, tra cui Le Sette Valli e Le Quattro Valli di Bahá’u’lláh (il fondatore). Trovandomi in linea con i suoi principi e la sua visione, alla fine, ho accettato la fede bahá’í.
Il mio è stato un percorso di ricerca spirituale ed ho attraversato un periodo di forti dubbi, prima di incontrare la fede bahá’í. Mi stavo allontanando dal cattolicesimo, con cui ero cresciuto, ed avevo raggiunto una posizione temporanea deista, per cui credevo in qualcosa di superiore, ma non definito. Dubitavo, forse, degli scritti sacri in generale. Leggevo, comunque, diversi scritti di altre religioni. Per esempio avevo letto alcune traduzioni dal sanscrito di alcuni testi buddisti, per poi passare al Corano e, successivamente, ai testi della fede bahá’í.
Il percorso di comprensione e accettazione della fede bahá’í è stato, comunque, graduale. Più leggevo gli scritti di Bahá’u’lláh, più una serie di preconcetti nella mia testa svanivano. La consapevolezza del suo rango penso sia arrivata durante la lettura dei testi Le Sette Valli e Le Quattro Valli dove Bahá’u’lláh parla di Gesù e dei fondatori delle grandi religioni storicamente conosciute. Egli dice (non ricordo le parole esatte) di essere della stessa origine di Gesù e degli altri messaggeri di Dio. A me è sembrato chiaro, in quell’istante, che la fonte che ha permesso a Bahá’u’lláh di scrivere tali parole fosse divina, in sostanza la stessa origine della Bibbia ed è stato allora che ho capito di essere bahá’í. È stato come seguire un filo logico e naturale, come leggere il sequel di un libro e dire “si vede che è collegato al libro precedente!”
Accettare il messaggio bahá’í ha, ovviamente, cambiato la mia vita. Ho fatto scelte di vita che prima non so se avrei fatto, ma sono felice delle scelte fatte! Mi ha portato sicuramente una serenità, che prima non avevo. Si è anche modificato il mio approccio alla vita, la mia forma mentis. Con il tempo, ho maturato un atteggiamento e un linguaggio sensibilmente diversi dai miei amici non bahá’í e questo ha creato, a volte, dei malintesi. Con gli amici di sempre affrontiamo diversi argomenti di spessore e, a volte, sembra difficile affrontare queste conversazioni perché sembra che parliamo due lingue diverse ma, tuttavia, rimangono delle amicizie importanti. E la sensazione che ho è che l’incontro con la fede bahá’í non abbia impattato solo me, ma anche le persone intorno a me.
In questo momento sto vivendo l’esperienza dell’anno di servizio. Ho deciso di dedicare un anno della mia vita al servizio della comunità dove vivo, mettendo al servizio degli altri le mie qualità, per il miglioramento della società. In particolare, mi occupo dell’educazione spirituale dei giovanissimi, con progetti dedicati. È un’esperienza che consiglio, non solo per il carattere fortemente spirituale, ma anche perché irripetibile e perché ti permette di fare esperienze concentrate in un arco di tempo breve che, normalmente, non potresti fare.
Al di là della mia esperienza personale, penso che sia importante inserire l’esperienza di servizio nella propria vita di tutti giorni. Prima di incontrare la fede bahá’í, avevo vissuto l’esperienza di servizio negli scout e questo mi aveva aiutato a fare una serie di ragionamenti, che sono la base del mio modo di pensare. Ossia che le persone hanno un ruolo nel mondo e si può decidere se essere a favore o contro il progresso dell’umanità; chi si professa neutro, in realtà, è contro indirettamente, anche se armato di buone intenzioni, in quanto chi non è parte attiva del cambiamento, non favorisce il cambiamento. Vorrei avere un ruolo nel mondo, non per mania di protagonismo, ma perché ritengo che l’umanità nella sua complessità abbia bisogno di una vera e propria rivoluzione pacifica che cambi radicalmente i modi dell’essere umano, prima ancora della società stessa. Volevo da sempre essere parte di questo cambiamento, cambiamento che poi ho ritrovato nella fede bahá’í e nella sua visione del mondo.
Penso che bisogna sradicare il falso mito che i singoli non possano cambiare la società, e che i giovani non abbiano valori, una serie di frasi fatte che rallentano, di fatto, il miglioramento del mondo. Fare servizio fa sì che diventi reale quello che molti, presi dalla disillusione, reputano una mera utopia ossia il miglioramento della società circostante, creando un mondo più umano. Non c’è limite di età per far parte del cambiamento positivo.
Come posso definire il concetto di comunità? La comunità, per me, è un insieme di persone che si trovano in un’area geografica che li porta a vivere insieme, convivere, frequentare gli stessi luoghi. Si può decidere di vivere il proprio territorio in modo costruttivo, o meno. Ritengo che il passo successivo, sia quello di circondarsi di comunità positive.
Per dare il proprio contributo alla costruzione di una comunità positiva ci sono, per me, due passi fondamentali.
Il primo è cercare di migliorare sé stessi, partendo dai gesti più piccoli: mettersi in gioco, capire come migliorarsi. Il secondo è dialogare con le persone. Conoscersi meglio, in modo che la paura della non conoscenza lasci il posto alla comprensione e all’accettazione, alla collaborazione in una visione non più del singolo ma della comunità.