Patrizio
La mia esperienza con la comunità bahá’í è iniziata frequentando due amici: Margherita e Ramesh. Non ricordo esattamente come è andata, ma tutto è iniziato casualmente, con l’amicizia e la frequentazione. Con il tempo, poi, abbiamo appreso che loro erano di un’altra religione. Mia moglie frequentava Margherita dai tempi dell’asilo dei nostri figli, alcuni anni fa. Margherita ci ha parlato delle classi per l’educazione alle virtù per i bambini e degli incontri bahá’í, ma non è stata una cosa immediata e la nostra partecipazione è stato graduale. I nostri bambini sono stati invitati alla classe delle virtù e l’attività è stata proposta anche ad altre famiglie, alcuni hanno aderito ed altri no. Frequento volentieri la comunità bahá’í, perché ci sto bene. Non la frequento perché credo fermamente nella religione ma la frequento perché, in generale, tendo a fare cose che mi fanno stare bene. Mi piace, per esempio, quando ci ritroviamo negli incontri con gli amici e leggiamo dagli Scritti di Baha’u’llah, e ci confrontiamo liberamente. Io, ovviamente, ho le mie idee. Non posso essere definito un credente devoto e praticante. Se considero il mio percorso religioso, in teoria sono cattolico: sono stato battezzato, ho frequentato il catechismo, ho fatto la comunione e la cresima. Poi, crescendo e studiando, ho cominciato a vedere il mondo da una prospettiva diversa. Personalmente non credo tanto in quello che non vedo, credo in quello che vedo. L’essere umano, spesso, crede in un Dio che non vede, ma tende a distruggere con le proprie mani il Dio che vede: la natura. Sono più per le cose concrete: se c’è da aiutare una persona, è giusto aiutarla. Se poi uno sta meglio con il supporto della preghiera, è giusto farlo. Da piccoli si è protetti dai genitori. Da adulti si è soli nel mondo e si ha bisogno di qualcosa nei momenti difficili quindi, spesso, si prega. Anch’io prego. Non prego Dio, ma la mia mamma che è morta tanti anni fa. Ognuno prega un po’ come vuole. Mi piace confrontarmi con le persone: agli incontri bahá’í si discute, si riflette, ma si accetta e si rispetta l’opinione altrui, anche se ben diversa. Possiamo confrontarci sull’esistenza di Dio, anche se difficilmente cambio idea sull’argomento, a meno che non mi vengano portate delle argomentazioni concrete (ovviamente è un po’ difficile, in questo caso). O, per esempio, possiamo parlare dell’importanza delle leggi divine (i dieci comandamenti, per il mondo cattolico). L’uomo credente fa di tutto, in questo mondo, per avvicinarsi a Dio dopo la morte. La mia riflessione, invece, è diversa: dobbiamo fare tutto questo non per essere vicini a Dio quando moriamo, ma per stare bene tra di noi ora, in questo mondo e per costruire un mondo migliore. In un certo senso, ciò non è molto lontano dal pensiero bahá’í. A volte, durante gli incontri, abbiamo parlato anche della misericordia di Dio, e l’argomento mi ha fatto riflettere, se applicato alla vita. Personalmente vorrei credere in un Dio (se esiste) che non giudica l’azione, ma la persona e il suo percorso nell’insieme. Molte azioni negative delle persone sono la conseguenza di quello che hanno vissuto. I bambini che vanno in guerra, ad esempio, ammazzano, ma non hanno la consapevolezza di ciò che fanno. L’azione, in se stessa, rimane brutta, ovviamente, ma bisogna capire il perché e non giudicare a prescindere. Un Dio misericordioso perdona, non punisce a priori. Mi piacerebbe che fosse cosi, il Dio in cui credere. Frequentare la comunità bahá’í è bello, in sostanza, perché c’è uno scambio intellettuale, non c’è giudizio ed ognuno può portare se stesso. Anzitutto non vieni giudicato, e sei rispettato per quello che sei. Prendi Francesco: Francesco è bahá’í, Cristina è cattolica, si sono sposati, vivono insieme ed ognuno rispetta l’altro. Si sono sposati con due riti diversi (bahá’í e cattolico). Probabilmente hanno delle idee comuni, pur appartenendo a due religioni diverse, ma ognuno rispetta la religione dell’altro. Questo è quello che mi affascina della fede bahá’í: l’apertura mentale. E fondamentalmente il concetto che esiste un Dio uguale per tutti, declinato in varie religioni, per cui ci sono i cristiani, i buddisti, i musulmani, gli ebrei, i bahá’í, ma Dio è uno solo. E soprattutto le tematiche di cui si parla agli incontri sono giuste: l’amicizia, il superamento dei pregiudizi e delle restrizioni mentali, per cui non importa se sei nero, sei giallo, basso, alto, magro, grasso (e tutte quelle critiche che ti opprimono): tu sei una persona e sei ben accetto perché sei tu. Anch’io, che non sono fermamente convinto che esista un Dio (ma non sono neanche fermamente convinto che non esista), posso frequentare la comunità bahá’í, anche se ho idee diverse, e riflettere insieme sul senso della religione in generale, e sulla spiritualità. Io e mia moglie abbiamo deciso che i nostri figli abbiamo una educazione spirituale, per cui entrambi fanno e hanno fatto il catechismo (e faranno la cresima) ma, nello stesso tempo, frequentano le classi dell’educazione alle virtù organizzate dalla comunità bahá’í. Avere un’educazione spirituale ti da la consapevolezza di scegliere il tuo percorso e decidere. Se un bambino è cresciuto in una famiglia dove l’onesta non è un valore, da grande probabilmente non sarà onesto. Un bambino che è stato educato ai valori e alle virtù, avrà più consapevolezza nelle sue scelte di vita. Se i principi bahá’í sono giusti e in accordo con quello che vorrei trasmettere ai miei figli, sono contento che i bambini frequentino la comunità bahá’í. Se, invece, dovessi captare estremismo o mancanza di armonia, parlerei ai miei figli, fermo restando che vorrei che siano loro a decidere il loro percorso, purché onesto. Possono frequentare la comunità buddista, musulmana o scegliere di diventare bahá’í o diventare un frate o un prete. Ovviamente cercherei sempre di dare dei consigli, delle direttive, in base alla mia esperienza di vita ma alla fine, comunque, devono decidere loro. Il Progetto fotografico I Believe parla di costruzione di comunità: come definirei la mia idea di comunità? Per me la comunità è il mondo, un’umanità fatta di persone che vanno d’accordo, con culture diverse, modi di fare diversi, con pensieri diversi. Un tollerarsi, capirsi ed integrarsi tra persone. In effetti, la definizione odierna di comunità è, per me, un po’ restrittiva. Mi piace l’idea della fiducia nelle persone che vedo negli amici bahá’í. Il fatto di invitare a casa persone conosciute da poco per riflettere insieme, e confrontarsi su varie tematiche è fantastico, in un mondo cosi diffidente. Per me, anche questo è costruire comunità. Sicuramente l’idea della comunità mondiale (che è anche quella bahá’í) è buona, anche se ci sono troppi ostacoli, troppi interessi per la sua realizzazione ma, forse, come tutti i sogni e i grandi ideali bisogna lottare e sacrificarsi per realizzarla.