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Behin




Vivo a Brugherio dal 1980, mentre sono arrivata in Italia nel marzo del 1959. A quei tempi la comunità bahá’í di Milano era formata quasi esclusivamente da iraniani, mentre adesso accoglie persone che vengono da tutte le parti del mondo.


Ho tanti ricordi speciali legati a quei primi tempi... Ho ancora una foto dell’interno della Royal Albert Hall a Londra, dove la comunità bahá’í si è riunita nel 1963 per celebrare la fine di un’attività d’insegnamento durata dieci anni, organizzata da Shoghi Effendi. Sono andata con tutta la mia famiglia ed è stato bellissimo. Era un periodo importante per la storia della Fede Bahá’í perché poco prima era stata eletta la prima Casa Universale di Giustizia ed erano presenti tutti i nove membri.


Mio marito è venuto in Europa dall’Iran, per studiare, nei primi anni ‘50. È andato in Francia, poi in Belgio ed, infine, era passato dall’Italia. Qui si era trovato molto bene perché aveva incontrato per caso un estraneo che era stato molto gentile e disponibile nei suoi confronti; da quel momento questo Paese gli è entrato nel cuore. È tornato in Iran e, nel 1956, ci siamo sposati.


In quel periodo l’Assemblea Spirituale Nazionale della Persia stava incoraggiando i bahá’í a trasferirsi in diverse parti del mondo per condividere con tutta l’umanità il messaggio di Bahá’u’lláh e, tra le varie mete, c’era anche Milano. Nel 1959 ci siamo trasferiti. Io ero molto giovane, non avevo ancora 21 anni, mentre mio figlio maggiore aveva solo un anno.


La nostra casa era sempre aperta per incontri e riunioni bahá’í; non so come ma, ogni giorno, organizzavamo serate per parlare della figura di Bahá’u’lláh ed il nostro salotto era sempre colmo di persone nuove e molto incuriosite. Coloro che venivano, la sera dopo tornavano portando altri amici. Inizialmente avevamo una casa piccola e modesta e ci arrangiavamo con due tavolini e delle sedie di seconda mano.


Non è stato semplice trasferirsi in Italia. Non c’erano molte opportunità di lavoro, avevamo difficoltà economiche e pativamo la lontananza dalla famiglia. Non ho visto i mie genitori per sei anni, perché il viaggio per andare in Iran era troppo costoso. Ma noi eravamo felici, eravamo gioiosi, perché avevamo la possibilità di condividere con gli altri il messaggio di Bahá’u’lláh e metterci al servizio dell’umanità.


Quando custodiamo qualcosa di prezioso vogliamo condividerlo con gli altri ed ho sempre pensato che questi principi possano offrire una soluzione per uscire dalla situazione terribile in cui si trova oggi la nostra società. Lo vedo come un atto d’amore che posso fare verso l’umanità.


Una comunità è formata da persone che collaborano insieme, con sincerità e che cercano di fare qualcosa di utile per gli altri. Penso che questo produca gioia e serenità.


English version


I arrived in Italy in march 1959 and have lived in Brugherio since 1980. In those days the bahà’í community of Milan was almost exclusively made up of Iranians, while now it welcomes people coming from all over the world. I have many special memories related to those early times ... I still have a picture of the interior of the Royal Albert Hall in London, where the bahá'í community gathered in 1963 to celebrate the end of a ten-year teaching activity plan, organized by Shoghi Effendi. I went with my whole family and it was beautiful. It was an important period for the history of the bahá'í faith, soon after the election of the first Universal House of Justice and all nine members were present. My husband came to Europe from Iran to study in the early 50’s. He went to France, then to Belgium and, finally, he travelled to Italy. He loved it here because, by chance, he had met someone who had been very kind and helpful to him; from that moment on, this country entered his heart. He then returned to Iran and, in 1956, we got married. In those days the National Spiritual Assembly of Persia was encouraging the Bahá'ís to move to different parts of the world to share the message of Bahá'u'lláh with all humanity and Milan was one among various destinations. In 1959 we moved to Milan. I was very young, I was not 21 yet, while my eldest son was only a year old. Our house was always open for bahá'í meetings and gatherings; I do not know how, but every day we organized evenings to talk about the figure of Bahá'u'lláh and our living room was always full of new and very curious people. Those who came, would bring other friends the following evening. Initially our home was small and modest and we got by with two small tables and second-hand chairs.

Moving to Italy was not easy. There were not many job opportunities, we had economic difficulties and we suffered from being far away from our family. I did not see my parents for six years, because the trip to Iran was too expensive. But we were happy, we were joyful, because we had the opportunity to share the message of Bahá'u'lláh with others and put ourselves at the service of humanity.

When we possess something precious we want to share it with others and I have always thought that these principles can offer a solution to get out of the terrible situation in which our society finds itself today. I see it as an act of love that I can perform towards humanity. A community is made up of people who truthfully work together and try to do something useful for others. I think this produces joy and serenity.



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